“Oltre le Colonne d’Ercole” – VI CONVEGNO NAZIONALE REICO


CATEGORIA: Fuori pista

VI CONVEGNO NAZIONALE REICO (Associazione professionale di Counseling)
Oltre le colonne d’Ercole”: Le buone pratiche di Counseling, al di là dei limiti e dei pregiudizi”

L’1, 2 e 3 giugno 2018 a Roma, presso il Complesso Scolastico Seraphicum, Via del Serafico, 1 si terrà il VI Convegno Nazionale Reico: “Oltre le colonne d’Ercole: le buone pratiche di Counseling, al di là dei limiti e dei pregiudizi”. Un convegno speciale, per tanti e tanti motivi! Partiamo dal titolo e dalla tematica scelti.

Forse il titolo a qualcuno sembrerà strano o enigmatico: alle persone della mia generazione, al contrario, la metafora delle Colonne d’Ercole è familiare e il suo significato è certamente meno oscuro. Le Colonne d’Ercole nella letteratura classica occidentale indicavano il limite estremo del mondo conosciuto. Tradizionalmente, visto che la loro esistenza è presunta, la loro collocazione geografica si trova in corrispondenza della Rocca di Gibilterra. Secondo la leggenda, Ercole giunse alle pendici dei monti Calpe e Abila, creduti i limiti estremi del mondo, oltre i quali era vietato il passaggio a tutti i mortali. Qui separò la terra in due parti (le due colonne d’Ercole) e incise la scritta: “Non plus ultra”. Oltre le Colonne, oltre il mondo conosciuto, dunque, si credeva ci fosse il nulla, un abisso, la fine di tutto, anche se, al di là della paura e dell’ignoto, da sempre prevale l’istinto che guida la speranza di trovare terre migliori e più ricche. La similitudine con la situazione del Counseling in Italia ci pare evidente: un mondo da esplorare e la paura paralizzante di superare limiti che di fatto sono solo “immaginati”, alimentati da pregiudizi, competizione e conflitti con le altre parti in causa in questa eterna diatriba. In relazione a questo, è per noi importante sottolineare un aspetto: in questo momento storico, i toni della polemica sul Counseling come “professione” o “non professione”, “abusiva” e “abusante”, o meno, di altre professioni, sono davvero poco sereni, talvolta poco lucidi e spesso poco rispettosi di una corretta reciprocità. Forse a questo clima contribuiscono anche i social network, che inaspriscono e volgarizzano le reciproche posizioni. Rimane il fatto che pare evidente che il Counseling ad oggi è, che piaccia o no, una pratica esistente nel nostro Paese da ormai quasi 40 anni, dotata di una sua epistemologia e una sua specificità, tale da renderlo diverso nella sostanza da altri interventi simili e contigui (ma non sovrapponibili), quali quello dello psicologo, del coach, dello psicoterapeuta, ecc.. Forse basterebbe chiedere ai molti clienti che hanno sperimentato le diverse modalità: io ritengo che sarebbe molto interessante ascoltare cosa questi abbiano da dire, circa le differenze riscontrate. E proprio su questo punto vorrei fermarmi un attimo. In questo clima di lotta e accuse si perde di vista il cliente. I nostri “competitor”, attraverso messaggi più o meno espliciti, affermano che il cliente finale non sia in grado di scegliere consapevolmente il tipo di professionista di cui avvalersi e il tipo di intervento di cui beneficiare, come se il cliente nella sua scelta libera e responsabile nello scegliere il Counselor piuttosto che lo psicologo, facesse un “errore” o fosse indotto ed obbligato a tale scelta da condizionamenti ambigui o informazioni poco chiare. Questa posizione per noi è insostenibile poiché è DOVERE di chi lavora con le persone ritenerle capaci di scegliere liberamente e responsabilmente ciò che sia meglio per loro. Inoltre, questo porre il cliente su un piano di inferiorità, non in grado di effettuare una libera scelta consapevole, confina il cliente stesso in una posizione di sudditanza conoscitiva rispetto “all’esperto dell’ascolto”. E’ evidente come questa affermazione vada contro il Counseling, contro la nostra visione del Counseling e anche contro la visione di rispetto personale nei confronti della persona-cliente.

In tutto questo siamo ancora qua! Dopo oltre trent’anni a difendere e a diffondere le buone pratiche di Counseling, ed anche a dirci e a dirvi che le Colonne d’Ercole, la paura di andare oltre, di esplorare l’ignoto, la credenza di non valere, la convinzione di non avere gli strumenti per superare un limite che in verità non esiste, sono dentro di noi! Siamo qui a dirvi che per anni ci hanno detto di non valere nulla e che NOI ci abbiamo creduto: abbiamo in fondo creduto, per paura e pregiudizio, che il Counseling non esiste e che, se esiste, è di proprietà dello Psicologo, e che il Counseling deve considerarsi professione sanitaria, a tutti gli effetti quando per noi non lo è affatto. Ci hanno detto c’era la fine del mondo oltre le Colonne d’Ercole, e noi abbiamo avuto paura di avventurarci OLTRE: perché oltre le Colonne d’Ercole il mondo finiva e saremmo stati inghiottiti dagli abissi più neri se avessimo osato oltrepassarle. Abbiamo alimentato la nostra paura credendo ai limiti che altri ci hanno imposto. Continuano a farlo, sbandierando le poche, davvero poche, sentenze a favore della loro tesi, e dovute sostanzialmente a comportamenti scorretti e non deontologici di singole persone, e sotterrando sotto quintali di sabbia e vergogna le sentenze avverse, quelle in cui si dice chiaramente che se un Counselor opera con coscienza e seguendo il codice deontologico ed il modus operandi condiviso, è impossibile addebitargli un abuso di professione. Questi sono gli unici limiti da non oltrepassare: etica, deontologia e rispetto per la professione e per le competenze che richiede e per il cliente. Ed è per questo che noi crediamo così tanto nel continuo aggiornamento, nella formazione, nel lavorare su di sé e sulle proprie aree, poiché questo ci permette di essere davvero dei professionisti che si mettono in gioco e che umilmente ed orgogliosamente si rendono conto di quanto sia importante andare davvero oltre quelle Colonne di cui oggi vogliamo parlare, conoscere quali sono i nostri ambiti e i nostri confini, senza per questo sentirsi inferiori, o meglio essere complici del gioco di chi ha un vantaggio nel definirci tali: reagire con professionalità e rispetto di noi e degli altri.

Oggi più che mai è il momento di dismettere il tono sommesso e fare sentire la nostra voce.

Siamo qui.

Ci siamo da oltre trent’anni.

Siamo oltre 10.000 (quelli iscritti ad Associazioni Professionali di Categoria) e abbiamo accompagnato centinaia e migliaia di clienti in percorsi dialogico-processuali dove siamo stati scelti, riscelti, ricevendo ottimi feedback sul nostro operato. Abbiamo lavorato anche in rete con centinaia di psicologi, psicoterapeuti, coach, psichiatri, ecc., dimostrando che le buone pratiche non temono la concorrenza leale, ed anzi quasi la incentivano perché così abbiamo la grande opportunità di migliorare e crescere tutti.

E’ forse arrivato il momento di alzare la voce e farci sentire, di non avere paura e andare oltre al limite imposto solo dalla nostra paura e dalla sudditanza verso altri professionisti. Ci siamo anche noi, rispondiamo ad un preciso bisogno espresso dal mercato: non avremmo avuto ragione di esistere altrimenti, e ci siamo a buon diritto. Così è se vi pare! Il convegno di Roma servirà a guardarci in faccia ed a dirci anche e soprattutto questo.

Per me personalmente questo convegno è poi parecchio significativo per un altro motivo. Sarà il mio ultimo convegno da Presidente Reico. Permettetemi di dire due parole: si conclude un’avventura importante e molto soddisfacente, iniziata quasi come una scommessa disperata. Fui eletto in un’Assemblea con 8 partecipanti a rappresentanza di circa 300 soci e lascio una situazione molto florida con oltre 1.200 soci effettivi, 5 Convegni organizzati in 6 anni, in 5 città diverse, con oltre 200 partecipanti di media a Convegno, una segreteria funzionante ed attiva, la partecipazione a tutti i tavoli e ruoli importanti circa il Counseling, nei quali Reico ha sempre portato la voce dei propri soci. Nonostante le difficoltà del momento, un bilancio lusinghiero, di cui sono orgoglioso e che non avrei potuto raggiungere senza la serietà e limpidezza di valori tramandatami dai gruppi dirigenti precedenti al nostro (un grazie particolare a Luca Barletta e ad Anna Capponi) e senza l’appoggio dei miei colleghi del Direttivo in carica, anche nelle rare diversità di vedute. Questo Direttivo, costituito, oltre che da me, da Davide Barchi, Tiziana Bertone, Kety Di Basilio, Deborah Di Cataldo, Sergio Giannini e Giovanni Gangemi che ha da poco preso il posto di Adelaide Tartaglia come Coordinatore della Commissione Sud, ha lavorato alacremente per dare a Reico la posizione e la presenza che oggi ricopre a livello nazionale.

Infine, “last but not least” direbbero gli inglesi, un altro momento importante di questo convegno: festeggeremo il trentennale della più antica ed importante Scuola di Counseling italiana, l’ASPIC, che Reico è onorata di avere tra le proprie Scuole di riferimento! La storia del Counseling italiano passa da questa Scuola, dai suoi fondatori, Edoardo Giusti e Claudia Montanari, e dalle migliaia di Counselor formati in tutta Italia. Festeggeremo insieme questi 30 anni con un mega-workshop, condotto proprio da Edoardo e Claudia la domenica mattina a conclusione delle tre giornate insieme!

Buon convegno a tutti!

Marco Andreoli

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